
Catturare la Co2 è davvero così sostenibile?
Catturare e stoccare la Co2 prodotta delle attività industriali è davvero sostenibile ed è veramente un modo per contribuire a mitigare i cambiamenti climatici? Proviamo prima di tutto a spiegare di cosa si tratta: la sigla è CCS, Carbon Capture and storage è una tecnologia tramite la quale la CO2 viene catturata dalle centrali elettriche e da altri processi industriali invece di essere emessa nell’atmosfera. Questa CO2 viene poi immagazzinata nel sottosuolo con l’obiettivo di tenerla fuori dall’atmosfera a tempo indeterminato.
La CCS può essere vista come una tecnologia ponte, che permette di continuare ad usare i combustibili fossili nella produzione di elettricità e nell’industria fino a quando non si potranno implementare alternative a basso contenuto di carbonio. Può anche essere necessaria per raggiungere le emissioni negative di CO2 richieste per gli obiettivi climatici di 1,5°C e 2°C ma perchè questo accada dovranno essere catturate e immagazzinate quantità molto grandi di CO2
Non tutti gli esperti nel settore sono convinti però che la tecnologia CCS sia sostenibile. Innanzitutto da un punto di vista economico: tutta l’operazione di cattura e stoccaggio è molto costosa. Poi perchè ancora non ci sono prove certe della sua efficacia né della capacità di raggiungere economie di scala per ridurre gli ingenti investimenti iniziali. Anzi per ora si registra qualche passo indietro.

Catturare la Co2 è davvero così sostenibile? -CC0, public domain, royalty free
Il casoPetra Nova
Negli Stati Uniti nel 2017 hanno costruito un impianto CCS per lavorare con una centrale a carbone, dal costo di 1 miliardo di dollari. Si tratta dell’impianto di Petra Nova che sequestrava una parte della CO2 emessa dalla centrale a carbone Parish Generation Station in Texas, la seconda centrale fossile più grande degli Stati Uniti. Secondo quanto riferisce l’Agenzia Reuters, l’impianto sarà messo fuori servizio il prossimo 26 giugno a tempo indeterminato, perché non più sostenibile dal punto di vista economico dal gestore dell’impianto, la NRG Energy.
In realtà il sistema CCS era già stato messo temporaneamente in stand by dallo scorso maggio 2020, a causa delle difficoltà economiche internazionali durante il lockdown, con il calo della domanda petrolifera e i prezzi al ribasso del petrolio.
La Co2 catturata a Petra Nova era trasportata via tubo nei giacimenti petroliferi di West Ranch per facilitare l’estrazione di greggio tramite la tecnologia EOR (Enhanced Oil Recovery), con la quale si inietta l’anidride carbonica nei depositi sotterranei per favorire la fuoriuscita del petrolio.

Catturare la Co2 è davvero così sostenibile? -CC0, public domain, royalty free
La marcia indietro di Eni sul CCS
Nella prima bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza erano stati inseriti i piani dell’Eni per la realizzazione – come dice il sito dell’Ente Nazionale Idrocarburi – ” Il più grande sito di stoccaggio di anidride carbonica del mondo. Dove? Sotto l’Adriatico, al largo di Ravenna, utilizzando giacimenti di gas naturale ormai esausti. Con una capacità di stoccaggio compresa tra 300 e 500 milioni di tonnellate, questi depositi sotterranei potrebbero contribuire in misura molto rilevante al contenimento delle emissioni di gas climalteranti del nostro Paese”.
Poi però questi piani e le idee di Eni anche per delle bioraffinerie sempre a Ravenna, sono stati eliminati dalla versione definitiva, o almeno quella del gennaio 2021, del Pnrr. In attesa che possano rientrare sotto un’altra forma, forse ci si è accorti che i costi ed i vantaggi del CCS sono ancora troppo lontani dall’essere sostenibili. Ma soprattutto non ci si guadagna e quindi per ora meglio aspettare.